Sulla questione ascoltiamo il commento di Tugdual Derville al microfono di Anne-Sophie Saint-Martin. Radio Vaticana.
Continua a far discutere in Francia il via libera della Corte di Cassazione all’iscrizione all‘anagrafe di bambini nati all’estero da madre surrogata, cioè con il cosiddetto « utero in affitto ». L’alta corte era chiamata ad esprimersi sul caso di due bambini il cui concepimento era stato commissionato in Russia da una coppia gay francese. L’utero in affitto in Francia resta una pratica vietata. Ma le lobby che promuovono questa pratica già pensano al passo successivo: la possibilità per le coppie omosessuali di adottare il figlio biologico del partner, sganciandosi definitivamente dalla donna che lo ha partorito dietro compenso.
La classe politica francese, nella sua maggioranza e su entrambe le sponde politiche, considera la pratica dell’utero in affitto come indegna. Indegna per il diritto del bambino che viene privato deliberatamente della relazione con la donna che lo ha portato in grembo per tutta la gravidanza; ma indegna anche perché è un attacco ai diritti della donna che viene strumentalizzata: l’essere umano stesso, qui, diventa oggetto di un contratto che esige un pagamento. Ecco perché la sentenza della Corte di Cassazione che approva “l’importazione” dei bambini nati attraverso questa pratica, approva di conseguenza questa pratica anche sullo stato civile, benché parzialmente. La Francia, al momento, è uno di quei Paesi che rifiuta la mercificazione del corpo, ma ecco che attraverso le istanze della giustizia sta andando esattamente sulla posizione opposta. E questo evidentemente è molto grave e può avere delle conseguenze riguardo ai diritti fondamentali della persona. Infatti, ora la Corte di Cassazione considera che gli atti dello stato civile possano essere trascritti, in certi casi, malgrado la violazione della legge che vieta la pratica dell’utero in affitto. Tutto questo, attraverso la politica dei piccoli passi, porterà alla distruzione dei principi fondamentali della famiglia, che sono in vigore in Francia, mettendo così a rischio i diritti fondamentali del bambino, che è il più debole e colui che non ha voce.
Quali le conseguenze di questa decisione?
Questa decisione ha due conseguenze. La prima conseguenza è un messaggio che viene lanciato ai francesi che vogliono aggirare il divieto della pratica dell’utero in affitto, perché dice loro: “Non vi preoccupate! La Francia sarà obbligata a riconoscere i bambini che voi ‘importerete’ nel nostro Paese”… Mi spiace di dovere usare una tale espressione – “importare” – ma questo è quello che succede! La maternità attraverso la pratica dell’utero in affitto tratta la donna come un oggetto che si compra e il bambino come un qualcosa che si può comprare da donne che ne programmano l’abbandono e ancor prima il concepimento. La seconda conseguenza è che tutto questo non farà che alimentare la rivendicazione ossessiva della pratica dell’utero in affitto. Le lobby che la rivendicano affermeranno che in realtà tutto questo è una ipocrisia, perché si può fare all’estero e questo vorrà dire che soltanto i ricchi potranno farlo. E così, se un desiderio degli adulti non viene regolato da una legislazione che protegge i più deboli e i più vulnerabili, passo dopo passo si arriverà a non rispettare più i diritti fondamentali della persona. Questo è quello succede oggi in Francia e nel mondo intero: quando la tecnica non è regolata da una etica, che sia al servizio dei più deboli e dei più fragili, questa tecnica diventa totalitaria! Io credo che la Francia sia percepita come modello ideale proprio per l’adozione di principi etici e per la sua lotta alla mercificazione del corpo, sia quello della donna che dell’essere umano, che è il bambino. Se la Francia molla su questo punto, credo che sia qualcosa di molto grave e con conseguenze veramente pesanti per altri Paesi, che aspettano – su questi temi – la posizione della Francia per prendere, a loro volta, una posizione.